Le note musicali
Le note musicali sono simboli sonori, come i numeri sono simboli visivi.
Consideriamo, ad esempio, i simboli della musica, cioè le sette note.
Era del tutto ovvio che, nel momento in cui di fosse dovuto provvedere a dare sistematicità al mondo dei suoni, si sarebbe palesato necessario realizzare un sistema simbolico.
Gli antichi non conoscevano una notazione musicale propriamente detta, limitandosi a indicare i suoni della scala diatonica con le prime lettere dell'alfabeto.
Anticamente si usava una notazione di origine greca che utilizzava le lettere dell'alfabeto.
Tale notazione è ancora in uso nei paesi di lingua inglese:
A = L
B = Si
C = Do
D = Re
E = Mi
F = Fa
G = Sol
La notazione letterale è tuttora in uso anche nei paesi di lingua tedesca, con un'unica differenza: la nota Si viene indicata con la lettera H (mentre B corrisponde al Si bemolle).
Poi vi è anche una notazione sopra gli articoli delle dita delle mani, probabilmente proveniente dal metodo degli antichi bardi cosiddetto “linguaggio degli alberi” e così genialmente identificato prima da Frazer e poi da Graves.
All’arcidiacono della cattedrale di Forlì Ugolino da Orvieto (XV secolo) è attribuito, per l’appunto, un sistema di notazione definito: "delle note sopra gli articoli delle dita delle mani", di cui egli, "glorioso musico" e "uomo famoso assai", sarebbe appunto il codificatore.
Nel Medioevo, a causa della crescente difficoltà nel memorizzare melodie sempre più lunghe ed articolate, nacque l'esigenza di "notare" sopra il testo da cantare alcuni segni (detti neumi) che aiutassero i cantori a ricordare la direzione (ascendente o discendente) della linea melodica.
Addirittura, come genialmente scoperto da Schneider, la collocazione dei manufatti scultorei all’interno delle navate delle cattedrali gotiche costituiva un codice per i frati che dovevano cantare i canti gregoriani.
Da questi embrionali aiuti mnemonici nacque a poco a poco la moderna notazione, le cui tappe storiche fondamentali sono l'introduzione del tetragramma (attribuita a Guido d'Arezzo durante la sua permanenza presso l'Abbazia di Pomposa), e la scrittura delle durate, (inventata da Francone da Colonia) ottenuta proporzionalmente, cioè non indicando la durata effettiva della nota, ma la durata di essa in proporzione alle altre dello stesso brano.
Oggi le note hanno l'aspetto di un cerchietto vuoto o pieno, su cui si innesta un gambo (piccola asticella segnata sotto o sopra la nota) e le eventuali code, utilizzate per segnare i valori più piccoli (cioè le durate più brevi).
Gli attuali nomi delle note in uso nei paesi latini risalgono al XII secolo e definizione del loro criterio e del loro nome è attribuita a Guido d'Arezzo, figura n.14.
Guido Monaco, conosciuto anche come Guido d'Arezzo o Guido Aretino, è considerato l'ideatore della notazione musicale e del tetragramma.
Nacque fra il 990 e il 1000.
Il luogo della sua nascita è incerto: Arezzo, Ferrara, Pomposa, Talla sono alcuni tra i centri che se ne contendono i natali.
Morì intorno al 1050.
Fu monaco benedettino e curò l'insegnamento della musica nell'Abbazia di Pomposa.
Appassionato inventore di un sistema moderno che facilitasse la lettura ed il canto, aveva ideato un metodo completamente nuovo per insegnarla, suscitò invidie ma trovò protezione presso il vescovo di Arezzo Tedaldo (o Teodaldo), a cui dedicò uno dei suoi scritti: il Micrologo.
Ad Arezzo, fra il 1025 e il 1035, insegnò la musica e il canto per la Cattedrale.
Ebbe modo di proseguire gli studi e giunse alla definizione della notazione musicale.
Questa invenzione rivoluzionò il modo di insegnare, di comporre e tramandare la musica.
A Guido, ripeto, si deve l'invenzione di un sistema mnemonico (manoguidoniana) per aiutare l'esatta intonazione dei gradi della scala (esacordo).
Per aiutare i cantori, Guido aveva usato le sillabe iniziali dei versi dell'inno dei canti gregoriani a San Giovanni Battista e le aveva usate per comporre la scala musicale, figura n.15
- Inno a San Giovanni
- Ut queant laxis
- Resonare fibris
- Mira gestorum
- Famuli tuorum
- Solve polluti
- Labii reatum
- Sancte Johannes
«Affinché i tuoi servi possano cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni, cancella il peccato, o santo Giovanni, dalle loro labbra indegne»
Egli espose tali innovazioni scrivendo anche dei testi a supporto: la Epistola "ad Michaelem de ignoto cantu" e il "Prologus in Antiphonarium".
Sua infatti è l'invenzione delle rispettive posizioni delle note sulle righe e negli spazi.
Fissato così l'intervallo esatto tra le varie note curò anche il sistema di scrittura di tali note codificandole poi in un quadrato o rombo.
Nel XVI secolo la settima nota ricevette il suo nome definitivo (Si, dalle iniziali di Sancte Johannes dello stesso inno) e nel XVII secolo in Italia la nota Ut venne sostituita con il nome attuale Do, da una proposta del musicologo Giovanni Battista Doni: formalmente la sillaba venne considerata difficile da pronunciare e sostituita da quella iniziale di Dominus, il Signore, ma probabilmente non ci si sbaglia a pensare che il cognome del musicologo abbia giocato una parte importante.
In Francia questa modifica non venne fatta, e ancora oggi si usa il nome "ut" per la prima nota.
In linea di principio, la musica può essere composta da note di frequenza arbitraria.
Per ragioni storiche e psicoacustiche, si è consolidato l'uso di dodici note per ottava, specialmente nella musica occidentale.
Queste note a frequenza fissa sono in relazione matematica fra loro, e sono calcolate a partire da una nota fondamentale la cui frequenza è stabilita per convenzione.
La musica ed il canto teorizzati da Guido d'Arezzo sono in realtà l'unico linguaggio comune dell'umanità che non ha necessità di traduzioni per tutti i popoli del mondo.
Cosa si può chiedere d’altro a dei simboli?